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Nuova pandemia, vecchie emozioni
 

 
Seconda parte. Storia di Marianna


Marianna è sempre stata disponibile ad aiutare il 

prossimo e ha scelto un lavoro con un risvolto sociale che

ha sempre affrontato con passione. Ora invece improvvisamente si scopriva

fragile: “ Da tre giorni sono crollata psicologicamente, mi sveglio durante la 

notte con l'ansia di ammalarmi di nuovo . Per la prima volta ho voglia di 

piangere. Sono svogliata, fatico anche a decidere di iniziare la meditazione  

quotidiana, poi quando mi ci metto ne sono contenta”. 

Non è la Marianna che ho sempre conosciuto.

L'emergenza COVID-19 era iniziata relativamente da poco tempo, ma avevo 

già avuto modo di constatare quanto profondamente avesse coinvolto tutti, 

quindi le chiedo se ricorda il momento in cui ha avuto la percezione che 

qualcosa di grosso era successo e che la situazione era grave. Lo ricorda, e 

ricorda anche l'incredulità con cui ha reagito a questa situazione così “forte” 

che la sua sensibilità avvertiva come violenta. Costruiamo insieme questa 

frase terapeutica:

Il mio shock per questa condizione mi vuole evitare il terrore e l'impatto con 

una realtà inaspettata, imprevedibile, assurda, incredibile, ingiusta e violenta, 

fuori dal mio controllo, che non so gestire e che non posso accettare”.

Siamo in videochiamata e posso vedere che i lineamenti del suo viso si distendono ma non completamente e Marianna, pur sollevata, non mi sembra ancora tranquilla. “Che cosa c'é? Non mi sembra convinta”. Risponde che questa emozione così intensa, drammatica e sconvolgente le ricorda quando, ragazza e nel pieno della sua fase di “pasionaria”, è venuta a sapere del golpe in Cile. Allora era idealista e categorica come tutti i ragazzi, quindi sostituiamo il termine “ ingiusta” con “che non dovrebbe esistere” e togliamo “ fuori dal mio controllo” , perché era convinta di poter influire sugli eventi con le manifestazioni di protesta. Marianna ripete la frase terapeutica, poi sposta l'attenzione alle mani per attivare la corteccia cerebrale e intanto osservo le espressioni del suo viso, che, dopo qualche fase di sofferenza, finalmente si distende, mentre i suoi muscoli si rilassano, le braccia e le spalle si lasciano andare. E poi finalmente questa pasionaria arrabbiata e spaventata sorride, perché ha elaborato le emozioni che erano rimaste congelate nel suo profondo e si erano riattivate quando l'emergenza da Coronavirus l'aveva messa di nuovo di fronte ad una situazione più grande di lei, pericolosa e che, agli occhi di una persona amante della vita, non dovrebbe proprio esistere. Cioè le aveva fatto rivivere in altra forma il trauma giovanile. 
Ci diamo un nuovo appuntamento telefonico dopo circa una settimana: è stata bene, ha ritrovato la sua abituale serenità, anzi è addirittura più serena di prima, e noto che il suo viso è fresco, e più disteso di come lo vedevo ai tempi in cui era mia paziente.




 
 
 

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